Ma capitela: la notizia non è mai il brand del cliente

Proprio non ce la fanno: è più forte di loro! Prima devono dire quanto è bello, quanto è grande, quanto è interessante il brand del loro cliente. E poi, forse, riescono a tratteggiare il fatto che potrebbe diventare notizia.

Sto parlando del modo di comunicare da pierre, purtroppo seguito anche da tanti colleghi che, per di più, pensano di avere ragione e che la colpa sia tutta dei “cattivi” giornalisti delle redazioni. Colpevoli, secondo loro, di non comprendere le notizie.

L’ennesimo esempio è delle scorse settimane.

Per ragioni di lavoro ho avuto contatti con un ufficio stampa gestito con i classici metodi da pierre, che mi ha chiesto dei dati generali del settore della vendita a domicilio. Non ce n’erano di recenti, giro quel che ho e dopo un paio di giorni mi arriva per conoscenza il loro comunicato.

Con una mail accompagnatoria: «Mi auguro di cuore che i dati da voi forniti “aiutino“ a fare accendere qualche lampadina anche ai giornalisti più “ indifferenti”!».

Bho, penso, se la tua notizia non ha forza in sé, come la può avere con dei dati che abbiamo già comunicato da tempo?

Così apro il comunicato e leggo (in corsivo le parole che ho cambiato per non citare il brand e in neretto la notizia. E, sì, le maiuscole stanno proprio nel testo originale: sic!): «Cosmetici naturali di altissima qualità, prodotti in quel tal Paese e distribuiti attraverso “Party” a domicilio. Amati da migliaia di consumatori che, ogni giorno, aprono le loro case a 24.000 Incaricati alle vendite. Qualità, fiducia e responsabilità sono i pilastri sui quali l’azienda, che è ai vertici della vendita diretta, ha costruito la propria relazione con il mercato e rinnovato, ogni giorno, il patto con i propri consumatori. Per questo, nella settimana del 27 febbraio, l’azienda aderisce a “M’Illumino di Meno”, evento nazionale sul risparmio energetico giunto alla 13° edizione , promuovendo in tutto il Paese inconsueti “Incontri-Party” con i consumatori………a lume di candela!».

Analizziamo: 607 battute (10 righe, addirittura più di una “breve” di un qualunque giornale) di “fuffa” su quant’è bello e quant’è bravo il mio brand prima di dare la notizia. Che, dimenticavo, non viene messa neanche nel titolo.

Ora: io, oggi, sono arrivato all’undicesima riga solo per ricordarmi cosa non si deve fare. Ma se fossi stato ancora in redazione, mi sarei fermato alla seconda riga e poi sarei passato ad altro. Archiviando il comunicato come la classica velina pubblicitaria.

Non perché io sia indifferente, ma perché tu non sai interessarmi.

Se vogliamo ragionar con i media, proviamo a parlare il linguaggio dei giornalisti, mettendo in cima al pezzo la notizia e lasciando che sia lei a far parlare del vostro cliente.

Così, magari, le cose andranno meglio … senza il magari!

Perché la notizia non è mai il brand del cliente.

Solo i giornalisti garantiscono la correttezza delle informazioni. Forse!

 

Tu guarda: l’Ordine dei Giornalisti è riuscito stupirmi e, di fatto, a convincermi ad aprire un blog per parlare della comunicazione, così come la intendo io.

E già, perché il 17 febbraio 2017 l’Ordine ha approvato all’unanimità un ordine del giorno con cui chiede che anche negli uffici stampa delle aziende private, come già avviene per quelle pubbliche, siano impiegati solo giornalisti. A tutela «del diritto dei cittadini di essere informati in maniera corretta».

Affermazione pesante, se ci pensate bene, perché lascia aperto l’uscio alla considerazione che gli uffici stampa non diffondano sempre la verità.

E a volte è così, lo sappiamo. Ma non dovrebbe essere così.

Il problema è che nessuno ha mai seriamente marcato la differenza tra uffici stampa e uffici pubblicità. Si è lasciato fiorire un andazzo fatto di relazioni (più o meno pubbliche) che ha portato molte aziende e multinazionali a convincersi che l’ufficio stampa debba dipendere dal marketing!!!

Chi mi conosce sa come la penso, in primis su questo tema. E poi sulla rete, i social, la comunicazione, gli eventi usati per comunicare … Da adesso in avanti, anche chi non mi conosce lo scoprirà, se vorrà leggermi ovviamente. Perché da oggi inizio a ragionar di comunicazione e a dire come la vedo e come la penso.

Partendo dal fatto che sono abbastanza certo che nulla cambierà nell’italica gestione degli uffici stampa. Perché tutti, alla fine, fanno i funamboli, o meglio i bottai (con grande e assoluto rispetto per chi crea le dimore del divin Bacco), tirando un colpo prima al cerchio e poi alla botte.

Anche quell’ordine del giorno, che ha avuto il merito (o la colpa ☺) di smuovere la mia penna, è per buona parte figlio di ben altri interessi corporativi. Come quelli che hanno portato l’Ordine dei Giornalisti ad esentare gli iscritti all’Albo da più di 30 anni dalla necessità di raggiungere i 60 crediti formativi ogni triennio.

Intendiamoci, non è invidia: io ho più di 30 anni di iscrizione e quindi posso anche godermi questo “beneficio”.

E’ che penso che sia una presa in giro dire che ai “nonni” del giornalismo basta fare 20 crediti deontologici in tre anni per essere in regola con la formazione continua. Semmai, infatti, sono proprio gli altri crediti formativi quelli che ci servono. Perché il rischio di non restare aggiornati e al passo con i tempi è altissimo … ma questa è un’altra storia.