Un fatto avvenuto sabato e un successivo scambio di idee (peraltro pacato) avuto con un cliente, mi offrono lo spunto per tornare su un concetto tanto semplice da spiegare quanto difficile da digerire, che sta alla base delle regole della comunicazione con i mass media. L’unico arbitro che decide cosa pubblicare e come farlo è il giornalista. Se pubblica c’è la notizia, se non lo fa non c’è (per quel determinato media). Se scrive quello che ti piace, va bene; se scrive ciò che non ti piace, va bene lo stesso (sempre che non travisi i fatti, in quel caso scatta la smentita). Tutto il resto sono chiacchiere inutili.
E quanto accaduto spiega bene il concetto. In sintesi: venerdì 19 ottobre c’è stata la cerimonia di proclamazione dell’Oscar della Vendita, manifestazione voluta dal mio cliente Univendita (l’associazione che raggruppa le principali aziende della vendita diretta a domicilio) per incoronare il migliore d’Italia. La cronaca di quanto accaduto l’avrete magari letta su un po’ di cartacei o vista in tv, sul web, tra gli altri, la trovate qui, oppure qui, o ancora qui. Mentre il fatto di cui parlo è questo pezzo di Nino Materi.
Il buon Nino ha fatto la sua scelta di come pubblicare quanto accaduto, basandosi sulle sue convinzioni (preconcetti?) e dando ai suoi lettori pure una falsa informazione: non è vero che nell’era dell’e-commerce il venditore porta a porta è un dinosauro semiestinto. Venerdì, agli Oscar, sono stati forniti i dati, da cui si evince che oggi i venditori a domicilio sono molti di più di quelli che erano attivi prima dell’avvento del web e che questa professione si dimostra anti ciclica ed è scelta tanto dai giovani quanto dai cosiddetti esodati (oltre alla fascia d’età di mezzo).
Il buon Nino agli Oscar era presente. Ma, evidentemente, la penna del cronista si è sciolta negli occhi celestiali della venditrice che tanto l’ha colpito. O, se preferite, ha fatto la sua scelta di come informare i suoi lettori di un accadimento. E questo lo accetto. L’ho scritto nel titolo. E’ il giornalista che sceglie cosa pubblicare: non si discute. E lo predico sempre ai clienti e ai giovani che hanno la pazienza di ascoltarmi.
Ma non discutere non significa accettarne il contenuto, se esso è una palese dimostrazione delle nefandezze che spesso fanno i giornalisti. Episodi, questi, di cui parlo sempre ai corsi e ai convegni che hanno l’ardire di ospitarmi, portando esempi più o meno famosi, cui da oggi si aggiungerà questo pezzo di Nino Materi.
E non pensare, Nino, che io sia di quelli che vogliono solo pezzi positivi. Te lo possono dire i miei clienti e lo testimonia la mia storia. Non sono mai stato un giornalista che «ci passa sopra» e, anni fa, fui “sequestrato” dagli espositori inferociti di una fiera per quanto avevo scritto. Mi “liberò” la polizia e poi scesero in campo il mio direttore, Guglielmo Zucconi, e l’Ordine di Milano a difesa della libertà di critica.
La differenza? Io avevo scritto le storture viste nel corso della mia inchiesta, tu hai tratto le tue parole da luoghi comuni e preconcetti.