L’intervista non si mendica mai. E ci si prepara bene per farla

Mi capita, a volte, di tornare sui fondamentali. Specie quando ho a che fare con clienti intelligenti (da questo punto di vista sono fortunato, perché nella maggior parte dei casi i miei lo sono sempre ?) che hanno ben compreso che l’evangelica locuzione estote parati oggi non è solo il motto  degli scout ma la prima regola in comunicazione e mi chiedono di aiutarli a prepararsi al meglio per comunicare. O, come in questo caso, per affrontare un’intervista.

Ghiotta per me, quindi, l’occasione per parlare qui di fondamentali dell’ufficio stampa, come ho spesso promesso e ancora non mantenuto.

Diciamo subito che, a meno di seguire un personaggio inserito nello star system (dell’economia, della politica, dello spettacolo), le interviste non sono proprio uno strumento quotidiano dell’ufficio stampa, dal momento che, di regola, le richieste da parte dei giornalisti sono davvero pochissime nell’arco di un anno.

La regola di base è che l’intervista va sempre concessa, a meno che l’impossibilità oggettiva di avere i dati di cui il giornalista vorrebbe parlare non obblighi a rimandarla nel tempo.

Di contro l’intervista va negata se rilasciandola a un media si “brucia” una conferenza stampa o un comunicato previsti nell’immediato futuro.

Detto questo, l’intervista va preparata con attenzione, chiedendo al giornalista gli argomenti di cui vuole parlare ma senza pretendere di conoscere le domande in anticipo: ad “allenare” l’intervistando ai possibili quesiti imbarazzanti, a cui mai si deve rispondere con un no comment, ci penserà l’ufficio stampa.

In un’intervista, anche se non è televisiva, non va trascurato o sottovalutato né l’aspetto estetico (a meno che non sia telefonica!), né la comunicazione paraverbale (tono, timbro di voce, accento, intonazione, ritmo e così via) e quella non verbale (come gestualità, postura, sguardo e mimica).

Bisogna sempre mostrare un atteggiamento rilassato, mai cedere all’ansia o all’aggressività e, ovviamente, spiegare ogni cosa con la semplicità indicata da Einstein: «Non capisci realmente una cosa fino a quando non sai farla capire a tua nonna».

E ricordarsi che le dichiarazioni off the record non esistono: una dichiarazione rilasciata con la promessa «ma questo non lo scrivere» significa indicare a Pollicino la strada da seguire … ma di questo ne ho già scritto

Da ultimo, l’intervista è un colloquio a due: e se il giornalista forse tollererà la silenziosa presenza del collega dell’ufficio stampa, certo sarà irritato dall’irruzione in scena di chiunque altro.

Dimenticavo, ma questo c’entra poco con i fondamentali e attiene alla differenza tra ufficio stampa giornalistico e di altro tipo: le interviste devono essere richieste dal giornalista, mai mendicate dall’ufficio stampa.

«Gli avevo detto di non scriverlo». Ma la confidenza col giornalista non esiste

Ci risiamo. Ogni volta che arriva una tornata elettorale c’è qualcuno che mi chiama per capire come rimediare al solito articolo in cui sono comparse notizie che non dovevano esserci. Detto che quando la frittata è stata servita ai lettori è ben difficile sparecchiare la tavola, oggi non voglio occuparmi di queste piccole (o grandi) “missioni impossibili”, di cui tornerò a parlare quando tratteremo di comunicazione di crisi. Preferisco stare sul pensiero che ho messo nel titolo, che certamente farà incazzare qualche collega, ma che è una grande verità nella comunicazione: mai fidarsi dei giornalisti quando si rilasciano dichiarazioni off the record, ovvero a microfono spento. O, per meglio dire, in via confidenziale.

Non esiste la confidenza nel rapporto con chi si occupa di informazione.

Perché, una volta fiutata la pista, il giornalista troverà (quasi) sempre il modo di farsela raccontare da qualcun altro. E scatterà la pubblicazione.

Ciò significa che la confidenza fatta al giornalista non è mai un pettegolezzo casuale, ma una chiara forma di comunicazione: è un modo per trasmettere una riflessione o un’opinione che non può diventare ufficiale, ma che aiuta il giornalista a chiarirsi il quadro e gli indica una possibile strada lungo cui trovare notizie (più o meno) succulente. O, almeno, così è per chi si occupa di comunicazione e sa come trattare con i giornalisti.

Per tutti gli altri, che si sono lasciati andare al classico «guardi, glielo dico solo se non lo scrive, perché la verità è che …», la confidenza diventa sempre (e questa volta senza anteporre il “quasi”) un boomerang. Un siluro imparabile e non più schivabile.

Così, con questo pensiero della sera, siete avvisati: mai fidarsi dei giornalisti rilasciando dichiarazioni in via confidenziale. A meno che l’obiettivo non sia proprio di veder pubblicato quanto sussurrato.

Ma non offendete l’intelligenza dei giornalisti raccontando balle per screditare qualcuno. Non funziona 😉